il Sacro Femminino
"L'eterno femminino ci attira in alto accanto a sé" disse Goethe. Quello della Grande Madre è un culto antico praticato sin dal neolitico. Le società di quel tempo lontano erano pacifiche, agricole ed egualitarie (non patriarcali né matriarcali). Non erano di dominazione maschile e non erano guerriere. Le donne avevano un ruolo paritario a quello degli uomini, si occupavano delle colture e probabilmente è loro l'invenzione dell'acclimatazione delle piante.
Questo è in contrasto su ciò che ci è stato insegnato e che siamo abituati a percepire come verità ossia che è la figura maschile a trovarsi in cima allo schema piramidale della società: dove le divinità creatrici sono maschili, le creature cioè gli uomini sono destinati, per chiamata divina o per doti naturali, a governare su donne e bambini e sul resto della natura, con un sistema di belligeranza cronica.
Questo stesso archetipo corrisponde nella nostra storia archeologica e religiosa, al crescendo delle attuali crisi sociali ed economiche. Ed è proprio in questo attuale contesto che donne e uomini stanno rivalutando i loro ruoli ed è sempre più evidente la necessità di invertire il rapporto di dominio sulla natura in favore di una più sostenibile collaborazione.
Un esempio è la recente teoria di Gaia, antico nome greco della Madre Celeste, secondo cui la terra sarebbe un sistema unitario. A me sembra tanto che James Lovelock e Lynne Margulis abbiano scoperto l'acqua calda, ma apprezzo lo sforzo!
Adorata per migliaia di anni, la Madre Terra ha molti nomi. Ad esempio, nella Fertile Mezzaluna era Nammu, Madre dell'Universo, In Egitto era Nut moglie e sorella di Geb (madre di Osiride e Iside anch'essi sposi fratelli), Iside considerata la Madre di ogni cosa, in Africa era Nana Buluka o Mawu, nella terra di Canaan era Ashera o Ishtar la "Progenitrice degli Dei", in America era la dea dall'Abito di Serpente, nota ai Fenici come Ashtoreth. Invocata con nomi diversi in luoghi diversi, era univocamente il simbolo della fecondità e dell'identità di ogni forma di vita che scaturisce dal suo grembo e vi fa ritorno con la morte, come nel ciclo vegetativo, per tornare a crescere di nuovo.

Oggi la chiamiamo coscienza ecologica ossia che la Terra debba essere trattata con cura e rispetto, invece nella società antica era semplicemente il modi di essere, e il sacro femminino era parte integrante delle loro tradizioni, e di conseguenza delle nostre!
In tutte le civiltà esistono narrazioni, testi tramandati di antichi popoli pacifici che abitavano quei luoghi, sfatando il mito del patriarcato endemico, che sbilancia gli equilibri e provoca dinamiche distorte in cui c'è sempre qualcuno in cerca di dominio e potere, e per affermarsi la prima cosa da fare è mettere la figura femminile un gradino più in basso, poiché debole, fragile, gentile, amorevole, o peggio, meretrice, incapace di tenere a freno i suoi impulsi, pertanto era l'uomo a doverla tenere sotto controllo.
Platone narra di una civiltà antica Minoica pacifica, matrilineare, in cui "tutto quanto riguardava la vita traeva ispirazione da una fede ardente nella dea Natura, fonte di tutta la creazione e di ogni armonia". Il potere era visto come il potere "di" e non il potere "su": il potere di illuminare, di creare, di trasformare. La spiritualità fluiva nella Natura senza distinzione come non vi era una così netta divisione tra uomo e donna.
Abbracciamo la nostra unicità e le nostre differenze per poterci sentire finalmente uniti, senza più etichette (di alcun tipo). Le etichette non fanno altro che allontanarci, ci identificano a tal punto da farci dimenticare di essere indistintamente umani. Spogliati dai pregiudizi, essere diversi ed essere uguali significa la medesima cosa; così ordinaria da non essere più tema di dibattito, né pretesto di discriminazione o sfruttamento alcuno.
Invece di identificarci in fazioni (sempre nuove) cercando di arrivare in cima alla piramide di potere non faremo altro che alimentare un sistema, apparentemente endemico, malato e belligerante, rivoltato con infamia persino verso il proprio ecosistema, la nostra Grande Madre.
La conoscenza acquisita del nostro passato, che ancora stiamo recuperando, può aiutarci ad uscire dall'alienazione in cui viviamo, rispetto agli altri e nei confronti della Natura. Il prospettarsi sempre più prossimo di una eco catastrofe sta risvegliando coscienze e consapevolezza, per offrirci il mondo con occhi che sanno di nuovo meravigliarsi dinnanzi al mistero della Natura e della vita. Le nostre antiche tradizioni spirituali ci offrono possibilità inaspettate per il futuro.

( premessa )
La figura femminile ha percorso mutamenti esponenziali nel corso della storia e degli eventi culturali e sociali, ed è per questo che oggi è in cerca della sua identità. Scavando in un passato ancestrale, le donne avevano una posizione elevata nella società; sacerdotesse, guaritrici, sagge, regine, dee. Eppure, in questa già difficile epoca storica, ci insegnano a vergognarci del nostro corpo, sin da bambine, a sentirci sciocche quando ascoltiamo il nostro intuito e che dobbiamo sentirci colpevoli della sensibilità che custodiamo e a reprimere il nostro lato selvatico.
Disarchetipizzate, abbiamo interiorizzato il disprezzo dei nostri corpi. Ci siamo disgregate per assomigliare ai canoni imposti della nuova religione e della società patriarcale per le quali siamo una costola ritorta che cerca di fuggire. Accusate di stregoneria, persino, e perseguite per molti secoli, la figura femminile fu distorta e poi dissacrata. Dalle dee che eravamo ora siamo tenute in silenzio ai margini di una società sempre meno inclusiva.
IL MITO DELLA STREGA
Riconoscevano il sacro in ogni cosa, offrivano cure gentili a chi ne aveva bisogno. Aiutavano le partorienti, purificavano dalle negatività, conoscevano le erbe e la loro anima, avevano le chiavi del mondo sottile. Erano sacerdotesse e medichesse rustiche, erbarie, curatrici domestiche; le chiamavano streghe.
Questa parola ha diverse etimologie, spesso negative, che variavano a seconda dei luoghi. Quello che preferisco è "sagae" che deriva da "sagire" sapere. Pertanto non rappresenta semplicemente il femminile di stregone ma rappresenta un fenomeno di più profonda percezione: la strega è tale in quanto donna. Cantavano, invocavano lo spirito delle piante, le divinità dei loro Luoghi, affinché concedessero le virtù curative ed il medicamento andasse a buon fine.
La pratica di curare con le erbe è ancestrale, primordiale, antica come l'umanità. Le piante - le foglie, i fiori, le resine, i rizomi, i semi, le cortecce - e tutto ciò che poteva essere estratto da esse, hanno accompagnato la vita quotidiana e la spiritualità degli esseri umani da che ve n'è memoria.
Nella collisione tra cultura pagana e cristianesimo, le streghe, hanno dovuto scontare l'eredità dell'antico ruolo sacerdotale, proibito in quanto donne, dalla nuova religione.
La portata storica della caccia alle streghe non può essere minimizzata, sono troppi e complessi gli intrecci. Esaurita dall'avvento del pensiero illuminista ha lasciato una ferita aperta nella storia della donna. In un più sereno contesto sociale, è possibile recuperarne le origini che affondano nella letteratura, nella filosofia e nella superstizione.
Se ti va di immergerti nella lettura ti consiglio Per virtù d'erbe e d'incanti di Erika Maderna, proprio perché è un tema così vasto che semplificarlo lo trovo irrispettoso.
Le pratiche antiche tramandate oralmente di generazione in generazione furono rese illegali, le ultime credenze furono sradicate con ferocia dai loro Luoghi e le popolazioni rimasero prive di quel aiuto gentile, dell'ultimo tramite con l'invisibile. Sparse come foglie al vento, le genti, dimenticarono le loro origini, le loro radici.
Ancora oggi paghiamo le conseguenze di quel distacco.
Nonostante i tentativi di cancellare il ricordo di quel sapere e di quelle pratiche, le Herbarie non hanno mai smesso di catturare la fantasia popolare. Figlie di un legame mai reciso con la Madre Terra, sono ancora presenti e disponibili ad aiutare. Hanno nuovi Luoghi e nuovi nomi. Come è sempre stato, nomi di donne.
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